nuoto fucile

Pasquale Barriera Roma, classe 1971

In sedia a ruote per via di un infortunio durante una missione in Afghanistan, oggi il tenente colonnello Pasquale Barriera fa parte del Gruppo sportivo paralimpico della difesa, praticando il nuoto e il tiro a segno. Al tempo stesso lavora all’interno del Comando operativo di vertice interforze nel ruolo d’onore, un titolo che permette di richiamare in servizio i militari che hanno subito un incidente durante lo svolgimento dei propri compiti

In sedia a ruote per via di un infortunio durante una missione in Afghanistan, oggi il tenente colonnello Pasquale Barriera fa parte del Gruppo sportivo paralimpico della difesa, praticando il nuoto e il tiro a segno. Al tempo stesso lavora all’interno del Comando operativo di vertice interforze nel ruolo d’onore, un titolo che permette di richiamare in servizio i militari che hanno subito un incidente durante lo svolgimento dei propri compiti

Sono nato a Roma, ho 45 anni. Sono tenente colonnello dell’esercito italiano, attualmente nel ruolo d’onore. Il ruolo d’onore è un ruolo previsto dallo statuto dell’esercito per le persone che hanno subito un’invalidità a causa di un incidente avvenuto per causa di servizio.

Una storia fortunata. Ho fatto domanda per entrare in Accademia militare e da lì è entrata in me la passione per questo lavoro, quindi diciamo [che] io mi sento fortunato ad aver fatto questo lavoro e la fortuna è un po’ il filo conduttore di tutta quanta la mia vita. Non si direbbe, perché stando in questa situazione non si direbbe, però in realtà mi sento fortunato: mi sento fortunato perché ho fatto un lavoro che mi piaceva […] e all’interno di questa mia carriera poi la fortuna ce l’ho avuta in diverse situazioni. […] E nell’incidente che ho avuto, e che mi ha portato ad essere in questa condizione, sono stato fortunato perché io penso sempre che poteva andare anche peggio. Per cui io anche da paraplegico riesco a svolgere il mio lavoro, riesco a svolgere le mie attività sportive e sono fortunato perché nello sport ho trovato questo equilibrio che – diciamo – per un paio di anni forse avevo perso, a cavallo dell’incidente.

E la competizione è positiva, perché ti dà quella voglia, quella grinta nell'allenarti giornalmente, per poi appunto competere con un altro avversario nella stessa gara.

L’incidente. Io ero in missione in Afghanistan, io ho fatto diverse missioni durante la mia carriera, penso quattro o cinque missioni importanti. […] In particolare l’incidente che ho avuto era durante un periodo che io svolgevo in questa base di Abu Dhabi, dove noi abbiamo alcuni vettori tattici, aeroplani dell’aereonautica militare, i 630, ai quali noi forniamo il supporto alla missione in Afghanistan. Mi trovavo in questa base, per una caduta accidentale ho riportato una contusione a livello basso della schiena, quindi l’osso sacro. Lì per lì non avevo dato un grosso peso a questo trauma. Rientrando in Italia ho cominciato ad avvertire dei problemi alla sensibilità degli arti inferiori, dopodiché si è visto che quel trauma aveva causato una lesione all’interno del midollo spinale. C’è stato un intervento per cercare di trovare una soluzione a questa piccola malformazione che si era creata, però l’intervento non ha avuto gli esisti sperati, anzi ne ha avuti peggiori di quello che uno si aspettava e quindi mi trovo in questa situazione.

L’importanza di essere padre. Erano passati sei mesi da quando io ero diventato paraplegico, avevo difficoltà ad accettare questa situazione, però dal momento che avevo una figlia e non volevo che questa mia figlia crescesse con un padre che fosse diverso dal padre degli altri bambini, allora ho capito che dovevo accompagnarla a scuola, ho capito che la dovevo accompagnare al parco. E questo farlo per lei poi mi ha aiutato a farlo anche per me stesso. E questo è stato il primo passo, che mi ha portato fuori di casa. La seconda fase, la quale poi è stata un rivivere completamente e riaccettare completamente questa vita, è stato il ritorno in servizio, perché effettivamente mi ha dato la possibilità di tornare a fare il lavoro che facevo prima, con i colleghi con cui io ho lavorato fino a un anno e mezzo prima e questo mi ha consentito di capire [ciò] che la vita probabilmente [era] per me, come sempre uso definire questa mia situazione: io non mi fermo davanti a niente. Solo un gradino può fermare quello che posso fare io rispetto a un normodotato.

Una vita fondata sullo sport. Per me lo sport era fondamentale […], era la base della mia vita, forse anche per questo l’attività militare mi è piaciuta, perché comunque l’attività militare è molto energica, molto forte. […] Poi c’è stato questo stop. Questo stop dovuto appunto a questa mia condizione. E all’inizio pensavo di non poter più fare attività fisica, anche se mi dicevano… io ricordo le parole della mia fisioterapista in ospedale che mi diceva: «tu vedrai quanta attività potrai fare quando uscirai da qui». Ma io credevo che erano soltanto parole di conforto, dette […] perché in quel momento sapeva che la mia condizione psicologica era molto bassa e quindi era soltanto per incoraggiarmi [che diceva] che le cose sarebbero state uguali a prima. Ma non ci credevo.

Il ritorno all’attività sportiva. Invece poi iniziando a praticare attività fisica, il nuoto come riabilitazione per esempio, ho visto che tutto sommato, sì non muovevo le gambe, però la sensazione dell’acqua, la sensazione della fatica, la sensazione della soddisfazione di portare a termine un numero di vasche prefissate, effettivamente è tornata. Per cui ho cominciato ad avvicinarmi a tanti altri sport, per esempio il tiro a segno che io ho praticato quando avevo 20 anni. Lo faccio e non sento nessuna differenza rispetto a prima. Il tiro con l’arco che ho praticato per gli Invictus Games di Londra nel 2014. Ho provato anche il rugby in carrozzina. Sono tutte attività che effettivamente puoi fare, puoi fare allo stesso modo come se sei normodotato.

L’agonismo. Non c’è bisogno di partecipare a grosse competizioni come possono essere le Olimpiadi, anche semplicemente una gara di tiro a segno organizzata da un poligono di periferia, uno partecipa volendo vincere ovviamente e quindi lì entra la competizione. E la competizione è positiva, perché ti dà quella voglia, quella grinta nell’allenarti giornalmente, per poi appunto competere con un altro avversario, qualche avversario nella stessa gara.

Il Gruppo sportivo paralimpico della difesa. La soddisfazione più bella probabilmente è stata la medaglia di bronzo agli Invictus Games di Londra, perché era la prima manifestazione internazionale alla quale partecipavo e vincere una medaglia, una medaglia individuale, che però comunque ha portato lustro al Gruppo sportivo paralimpico della difesa è stata veramente un’emozione… Anche perché è stata una medaglia inaspettata, perché era la prima volta che partecipavo a una competizione internazionale e ovviamente non conoscevo l’agonismo degli altri atleti, perché non avevo un paragone. Per cui era un po’ inaspettata questa medaglia. Ed essere riuscito a raggiungere il terzo posto e portare lustro a questo gruppo sportivo è stata veramente una bella soddisfazione. A me ha portato lustro perché a bordo campo c’erano mia figlia e mia moglie e quindi uscire dall’acqua e vedere il sorriso di mia figlia sicuramente è stata una bellissima soddisfazione.

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