arco

Paola Fantato Verona, classe 1959

Con una carriera quasi ventennale è una delle più significative atlete italiane: ha fatto parte della Nazionale olimpica di tiro con l’arco oltre che di quella paralimpica. Da Seul ’88 ha all’attivo la partecipazione a cinque edizioni dei Giochi paralimpici, da cui ha riportato a casa otto medaglie: cinque ori, un argento e due bronzi. Ha partecipato anche alle Olimpiadi di Atlanta 1996, restando alla storia come la prima atleta italiana paralimpica che ha gareggiato in una competizione olimpionica. È stata insignita dell’Italian paralympic awards per la carriera e inserita dal Coni fra le 100 leggende dello sport italiano

Con una carriera quasi ventennale è una delle più significative atlete italiane: ha fatto parte della Nazionale olimpica di tiro con l’arco oltre che di quella paralimpica. Da Seul ’88 ha all’attivo la partecipazione a cinque edizioni dei Giochi paralimpici, da cui ha riportato a casa otto medaglie: cinque ori, un argento e due bronzi. Ha partecipato anche alle Olimpiadi di Atlanta 1996, restando alla storia come la prima atleta italiana paralimpica che ha gareggiato in una competizione olimpionica. È stata insignita dell’Italian paralympic awards per la carriera e inserita dal Coni fra le 100 leggende dello sport italiano

A otto mesi ho avuto la poliomielite, che mi ha colpito gli arti inferiori. Questo non mi ha comunque impedito di fare una vita normale, frequentare scuole normali, avere amicizie normali, fintanto che non ho incontrato lo sport. Ho iniziato prima con il nuoto, ho fatto anche delle gare e non ero neanche male, poi ho incontrato l’arco ed è stato amore a prima vista. Io lo dico sempre, perché è come quando s’incontra l’uomo della propria vita: lo riconosci che è lui. E cosi è stato con l’arco. Ho avuto la fortuna di avere un bravo maestro, che era un atleta della Nazionale, un maestro di primo livello, insomma mi ha insegnato le basi in maniera corretta e da lì ho cominciato la mia avventura.

Le prime volte che andavo nei campi di gara c’erano le atlete non disabili che mi guardavano come dire: «Dai, si diverte anche lei». Poi, man mano che la mia tecnica progrediva e diventavo brava: «Oh mamma, c’è anche la Paola»

Il confronto con le altre. Sono diventata tanto brava che ho cominciato anche a vincere, insomma. Io ricordo le prime volte che andavo nei campi di gara c’erano le altre atlete, non disabili diciamo così, che mi guardavano come dire: «Dai, si diverte anche lei, fa qualcosa anche lei». Poi, man mano che la mia tecnica progrediva e diventavo brava: «Oh mamma, c’è anche la Paola». E quindi questa è stata una parte delle soddisfazioni che mi sono presa.

Atlanta ’96. Ho iniziato nell’86 a fare le prime gare. Nell’88 ho partecipato alla mia prima Paralimpiade a Seul, vincendo la medaglia di bronzo, e ricordo che sul podio, mentre aspettavo che mi premiassero, pensavo: «Se qui ho vinto la medaglia di bronzo, fra quattro anni a Barcellona voglio vincere la medaglia d’oro» e cosi è stato. Visti i risultati, la Nazionale Fitarco mi ha convocato per la prima volta ai raduni in previsione di Atlanta ’96 e da lì ho continuato appunto a prepararmi, ad allenarmi, a competere per riuscire a qualificarmi per Atlanta Olimpiadi e ce l’ho fatta. Infatti nel ’96 ho fatto prima le Olimpiadi, poi sono tornata a casa, ho cambiato la valigia, ho lavato e cambiato le magliette e sono ripartita per le Paralimpiadi di Atlanta. Inutile dire che è stata per me una grandissima soddisfazione, non ho vinto medaglie ad Atlanta Olimpiadi, però secondo me ho vinto il premio più importante, perché quando io ero sulla linea di tiro non esisteva più l’handicap, non esisteva più la mia carrozzina, ma esisteva solo l’arco, le frecce e il bersaglio. Io ero temuta e rispettata da tutte le atlete delle altre Nazioni, come io temevo e rispettavo loro […]. E quindi questo secondo me è il premio più importante che abbia vinto.

Nel ’96 ho fatto prima le Olimpiadi, poi sono tornata a casa, ho cambiato la valigia, ho lavato le magliette e sono ripartita per le Paralimpiadi di Atlanta.

L’importanza dello sport. Nella mia vita lo sport ha avuto un’importanza fondamentale, nel senso che io ovviamente, essendo cresciuta con questo problema, questo problema fisico, è chiaro che soprattutto nella fase adolescenziale ci possano essere dei problemi a rapportarsi con le altre persone, uno pensa: «Magari non vengo accettata» […]. L’arco mi ha permesso, innanzitutto, di accrescere la mia autostima e di farmi rispettare, o quanto meno notare che gli altri mi rispettavano, per cui io con lo sport non ho più dovuto dimostrare niente per dire che sono una persona che ha un certo valore. Secondo me l’importanza dello sport è questa: che ti aumenta talmente tanto l’autostima, perché ti rendi conto che non sei uno che non è capace di fare niente, ma sei uno che, messo nelle condizioni giuste, può fare grandi cose. 

Il ricordo più importante. A Madrid nel 2003 eravamo in una pausa di questa gara mondiale, eravamo lì tutto il gruppo della Nazionale italiana disabili e stavamo chiacchierando. A un certo punto da lontano vediamo un signore che si mette a correre verso di noi, faccio: «Ma ce l’ha con noi questo? Ce l’ha con noi?». A un certo punto viene da me: «Oh mamma!». Viene da me e questo signore era un americano, il papà di una ragazzina disabile, che per la prima volta partecipava a una gara internazionale appunto di tiro con l’arco, il quale mi dice che sono anni che mi stava cercando […] perché voleva ringraziarmi: […] come genitore era preoccupato sul futuro della figlia, finché la figlia mi ha visto in televisione ad Atlanta, alle Olimpiadi, e ha deciso di fare anche lei questa cosa. Per cui suo padre erano anni che mi cercava per ringraziarmi. Ecco, questo credo che abbia un valore più grande di tutte le medaglie insomma, perché […] so che quello che ho fatto, non l’ho fatto alla fine solo per me stessa, ma anche per gli altri.

La scelta di appendere l’arco al chiodo. Dopo Atene ho smesso di tirare, ho smesso di fare attività. È ovvio che prendere una decisione di questo tipo non è una decisione che si prende facilmente, ma è stata una decisione ponderata, valutata, studiata più e più volte e alla fine ho deciso di smettere. Perché ero stanca, dopo 20 anni di un impegno così totale, perché non può esserci tanto altro se giornalmente devi dedicare ore all’allenamento. Mio marito, che all’epoca era il mio fidanzato, abitava a Milano, ci si vedeva al fine settimana forse, ci si lasciava i biglietti, i post-it. Quindi, insomma, dovevo pensare anche a me stessa, alla mia carriera professionale, perché io ho sempre lavorato, perché il tiro con l’arco non mi ha permesso di vivere senza lavoro, […] e poi ero stanca, stanca mentalmente, perché […] nel tiro con l’arco la componente mentale è quella maggiore, più grande. E [ci] si stanca, [ci] si stanca molto, quindi stancando la mente, si stanca anche il fisico. Uno non può vivere sempre stressato e non divertirsi più, perché secondo me è giusto che quando uno fa qualcosa si debba anche divertire, fintanto che la sofferenza è maggiore del divertimento è meglio che si smetta.

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Fantato
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Paola Fantato

Il medagliere

  • 1992 Paralimpiadi di Barcellona Tiro con l’arco - Women's Individual AR2
  • 1996 Paralimpiadi di Atlanta Tiro con l’arco - Women's Teams open
  • 2000 Paralimpiadi di Sydney Tiro con l’arco - Women's Individual W1/W2
  • 2000 Paralimpiadi di Sydney Tiro con l’arco - Women's Teams open
  • 2004 Paralimpiadi di Atene Tiro con l’arco - Women's Individual W1/W2
  • 2004 Paralimpiadi di Atene Tiro con l’arco - Women's Teams open
  • 1988 Paralimpiadi di Seul Tiro con l’arco - Women’s Double FITA Round 2-6
  • 1996 Paralimpiadi di Atlanta Tiro con l’arco - Women's Individual W2