Dal 2002 è istruttore Fitarco. Nel 2011, in seguito alla scomparsa di Roberto Marson, è diventato presidente dell’Associazione sportiva culturale italiana paraplegici (Ascip)
Ascip: il nome ci raffigura come Associazione sportiva culturale italiana paraplegici. Siamo nati nel ’75, proprio all’indomani della riforma sanitaria che ha visto l’assistenza passare dall’Inail alla Usl, odierna Asl, per cui tutti gli atleti che erano al CPO sono stati inglobati nella nostra associazione e portati avanti nei vari discorsi di disciplina sportiva della scherma, del nuoto, dell’arco e del ping pong. Noi abbiamo una quindicina di persone con disabilità fisica e 20 persone con disabilità intellettiva. Per quanto riguarda l’handicap fisico, facciamo le discipline del tiro con l’arco e del calcio-balilla; per quanto riguarda l’handicap mentale facciamo l’atletica leggera, le bocce e, di nuova istituzione, anche il nuoto.
La fine della squadra di basket. Nel corso degli anni abbiamo perso in primis il basket: avevamo anche una forte squadra di basket, però con l’andare degli anni per iscriversi a un campionato di serie A di basket ci vogliono bei soldi e quindi non si è potuto più fare, anche per la mancanza di materiale umano. Noi viviamo a 100 metri di distanza dal CPO che dovrebbe rappresentare il vivaio… Cioè, un ragazzo che si fa male va al CPO: la naturale conseguenza è continuare lo sport con noi. Però purtroppo adesso il CPO – lo dico in maniera un po’ critica – ha perso la sua funzione, il CPO dovrebbe pensare a riabilitare un ragazzo che si fa male e che cerca di rinascere attraverso lo sport, attraverso la socialità che lo sport può avere e dare fiducia alla propria autostima, però le istituzioni sono molto carenti verso le persone con disabilità.
I pionieri. Il movimento paralimpico è nato con l’Ascip perché i vari Olver Venturi, Aroldo, Marson, Nino Arizzi, Loi sono stati i capostipiti, sono i pionieri, sono quelli che per la prima volta, già dalla prima Olimpiade che oggi chiameremmo Paralimpiade, hanno fatto parte del gruppo azzurro. Quindi vestire la maglia azzurra è onorare i colori del nostro Paese.
Difficoltà dell’Ascip. Oggi siamo carenti perché il nostro ultimo elemento che ha fatto parte della nazionale è stato Vitale Marco nel tiro con l’arco, che ha partecipato ad Atene e ha vinto a Pechino.
Cercare il nostro passato dovrebbe essere un incentivo, un qualcosa da ricercare per migliorare il futuro
Sport con la esse maiuscola. Ho avuto un incidente nel ’79 e ho avuto la fortuna – dico io – di conoscere Olver, “zio” Aroldo, perché è un ottantatreenne arzillo… [Persone] che ci possono solo dare l’esempio, cioè cercare il nostro passato dovrebbe essere un incentivo, un qualcosa da ricercare per migliorare il futuro. Perché parlare di disabilità oggi è un discorso un po’ difficile. […] Se noi andiamo a vedere l’assistenza sanitaria in Italia, specialmente per i disabili, stanno tagliando tutto. E quindi è un discorso un po’ difficile, ma lo sport rimane sempre quello che io definisco lo sport con la esse maiuscola.
La democrazia del tiro con l’arco. Lo sport ti rende in quella disciplina “diversamente abile”. Prendiamo il tiro con l’arco: è uno di quegli sport che ha sempre visto l’integrazione. Mi spiego: la Fitarco, la Federazione normodotati, ha assorbito l’arco dal Comitato italiano paralimpico mettendolo nella Federazione normodotati e questo è avvenuto nel 2008. Ma noi che abbiamo iniziato già dall’84, andavamo a fare gare dappertutto, insieme a tutti, quindi [uno sport] altamente integrante. Cioè il gesto tecnico che tu fai con l’arco, sia che lo fai in piedi sia che lo fai seduto, siamo tutti uguali. Quella è la bellezza di uno sport che ti porta a compiere un gesto che sia il più possibile performante.
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