corsa

Monica Contrafatto Gela, classe 1981

È una delle promesse dell’atletica paralimpica mondiale. Ha perso la gamba destra durante una missione di pace in Afghanistan nel 2012. Al termine di una lunga riabilitazione e dopo solo pochi mesi di allenamento, è diventata la quinta centometrista più veloce del mondo. Oggi è caporal maggiore scelto nel ruolo d’onore, un titolo che permette ai militari che abbiano contratto disabilità permanenti in servizio di restare a tutti gli effetti nelle Forze armate

È una delle promesse dell’atletica paralimpica mondiale. Ha perso la gamba destra durante una missione di pace in Afghanistan nel 2012. Al termine di una lunga riabilitazione e dopo solo pochi mesi di allenamento, è diventata la quinta centometrista più veloce del mondo. Oggi è caporal maggiore scelto nel ruolo d’onore, un titolo che permette ai militari che abbiano contratto disabilità permanenti in servizio di restare a tutti gli effetti nelle Forze armate

Ho fatto la mia prima missione tra il 2009 e il 2010, sono stata in Afghanistan, il paese si chiama Schindad. Mi aspettavo il deserto più totale, non me l’aspettavo così bello. Quando sono arrivata là, la cosa che mi ha colpito all’inizio era la sera il cielo stellato. Io sono siciliana, e abitando a Gela, poi sono stata a Cosenza, poi a Roma stessa, il cielo è “inquinato” da tutte le luci, a volte non riesci a vedere neanche le stelle. E invece là, la prima volta che sono arrivata, ho visto queste stelle che sembrava di toccarle con un dito. Per me era un posto incantato. La luna sembrava che ce l’avevi in faccia. Poi la mattina, quando abbiamo cominciato a fare le prime uscite per fare aiuti umanitari, ho conosciuto un sacco di bambini che con poco sembrava che gli tu dessi la vita e quindi ti riempivano il cuore. […]. Mi sono resa conto che dando poco, ho ricevuto tantissimo […]. Sono partita vuota e sono rientrata piena dentro, il mio animo era… una cosa indescrivibile, non te lo so neanche spiegare. Io mi sono innamorata dell’Afghanistan la prima volta che sono andata e non vedevo l’ora di ritornarci non per il bene che facevamo, ma il bene che loro facevano a me.

Le missioni in Afghanistan. Ovviamente un po’ di paura ci sta sempre, ma una volta che sei là tu stai facendo il tuo lavoro; le giornate ti passano e tu non ti accorgi del pericolo, non ti accorgi di niente. Poi è successo che nel 2012, nella mia seconda missione in Afganistan, sono stata vittima di un attentato terroristico, delle bombe da mortaio dentro la base: una di queste ha preso pure me, ferendomi gravemente, e ho perso un arto, la mia gamba destra. Mi hanno portato al primo ospedale da campo a Delaram, dove mi hanno addormentato, ho perso coscienza, sono stata sempre cosciente fino a quando sono arrivata a Delaram. Le ultime parole che mi ricordo sono state: «Woman, age thirty-one». […] Mi sono risvegliata in Germania dove erano sempre americani, dottori e infermieri americani. Mi sono svegliata e mi hanno detto quello che era successo. Più che altro mi hanno chiesto se mi ricordavo e ovviamente mi ricordavo tutto, però loro mi hanno detto che avevo perso una gamba.

Nella sfortuna sono stata fortunata, ho conosciuto delle persone fantastiche. Io essendo una persona positiva, penso sempre al lato positivo delle cose, quindi per me non ho perso una gamba, ma ho avuto l’occasione di conoscere persone fantastiche

Guardare la vita in positivo. Poi sono stata trasferita all’ospedale militare del Celio, sono stata in rianimazione. Nella sfortuna sono stata fortunata, ho conosciuto delle persone fantastiche. Io, essendo una persona positiva, penso sempre al lato positivo delle cose, quindi per me non ho perso una gamba, ma ho avuto l’occasione di conoscere persone fantastiche. A parte che per me il problema non è stato perdere una gamba, ma è stato perdere quello che mi piaceva tanto fare. Mia madre un giorno mi disse: «Avrei preferito perdere io la gamba» e io gli ho risposto: «Guarda, meglio me che te, perché io sono sicura che non mi lamento, tu ti saresti lamentata».

La scoperta dello sport. Ricorrevano le Paralimpiadi del 2012 di Londra, io stavo in ospedale e ho visto per la prima volta correre persone amputate, giocare a calcio persone non vedenti, eccetera, eccetera. Mi sono vista la finale di Martina Caironi. E davanti ai miei amici ho detto: «Avete visto questa ragazza? Un giorno la batterò». Quindi, appena ho potuto, ho messo anche io la protesi da corsa: diciamo che per batterla ho bisogno di qualche anno in più, perché adesso lei è velocissima. Però – diciamo – che uno dei miei sogni l’ho realizzato, che era quello di far parte dell’esercito e fare missioni di pace. L’altro mio sogno, quando ero piccola, era di fare la centometrista, mi piaceva correre e fare pure il salto in lungo. Quindi mi sono detta: «Va bene, il mio sogno si è realizzato, cerchiamo adesso di realizzare il mio secondo sogno».

La protesi da corsa. La mia prima protesi da cammino ce l’ho avuta a dicembre del 2012. Nel 2013 ho ripreso a lavorare, si chiama ruolo d’onore: l’esercito ti permette di rientrare in servizio, dopo per esempio un attentato come il mio. Dopo neanche un anno dalla prima protesi da cammino, correva forse novembre 2013, sono riuscita ad avere la mia prima protesi da corsa. Ho cominciato ad allenarmi. Dopo qualche mese ho avuto un infortunio al ginocchio e quindi ho dovuto smettere e – per fisioterapia e successivamente per fare un po’ di attività a livello non dico agonistico ma quasi – ho iniziato a fare nuoto, ma appena ho potuto riprendere la mia protesi da corsa, quasi un anno dopo l’infortunio, ho ripreso. E adesso mi ritrovo a sognare in grande.

Progetti per il futuro. La mia soddisfazione più grande è stata ai Mondiali paralimpici di Doha, in Katar. Quando mi ha convocato la Nazionale, sono andata. E tra una paura e l’altra, la paura di ritornare nell’ambiente arabo e la paura comunque di competere con persone che avevo visto in televisione, ho superato una semifinale, arrivando al secondo posto e facendo il mio personal best, e poi il giorno dopo ho fatto la finale e sono arrivata quinta, rifacendo il mio personal best. Quindi è andata benissimo. Il quinto posto per me è come il primo, l’ho festeggiato come se avessi preso la medaglia d’oro, perché comunque era la mia prima esperienza. E adesso sto lavorando per altri progetti più grandi.

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