nuoto

Cecilia Camellini Modena, classe 1992

Cieca dalla nascita, inizia a nuotare all’età di tre anni. Nel 2007 entra nella Nazionale italiana e l’anno successivo è la più giovane atleta azzurra a partecipare alle Paralimpiadi di Pechino, dove vince due medaglie d’argento nei 50 e nei 100 metri stile libero. Dai Giochi di Londra 2012 torna a casa con due medaglie d'oro e due di bronzo, stabilendo due nuovi primati mondiali nei 100 e nei 50 metri stile libero

Cieca dalla nascita, inizia a nuotare all’età di tre anni. Nel 2007 entra nella Nazionale italiana e l’anno successivo è la più giovane atleta azzurra a partecipare alle Paralimpiadi di Pechino, dove vince due medaglie d’argento nei 50 e nei 100 metri stile libero. Dai Giochi di Londra 2012 torna a casa con due medaglie d'oro e due di bronzo, stabilendo due nuovi primati mondiali nei 100 e nei 50 metri stile libero

Ho cominciato seguendo le orme di mio fratello, perché anche lui nuotava e allora volevo sapere un po’ come era la piscina: ma come è questa cosa? Per farmelo capire hanno pensato di non perdere tempo a descrivermela, ma me l’ha fatta proprio provare direttamente com’era. E all’inizio è stato molto molto divertente, perché io non pensavo proprio che esistessero degli ambienti in cui ci fosse più acqua che nella vasca da bagno. […]. È stato un momento molto molto bello, perché ho scoperto che ci si può divertire anche al di fuori della terra ferma, quindi in acqua. Da lì poi è cominciata tutta l’avventura, dalla vasca più piccolina a quella più grande, con l’acqua più fredda, dove si faceva molto più fatica, ma in cui comunque ci si divertiva ugualmente.

In acqua mi sento bene, mi sento libera di esprimere quelle che sono le mie emozioni, che siano gioia, rabbia, qualsiasi cosa

Un rapporto ventennale. Con l’acqua ho avuto e ho un rapporto ormai quasi ventennale, la relazione più lunga che mai abbia avuto nella mia vita. In acqua mi sento bene, mi sento libera di esprimere quelle che sono le mie emozioni, che siano gioia, rabbia, qualsiasi cosa. Ed è una cosa che riesco a fare in piscina in un certo modo, ma soprattutto in mare, tipo durante l’estate quando vado… Quella sensazione di libertà che sulla terraferma ho un po’ meno, perché, a meno che ci siano gli scogli, io posso andare un po’ dove mi pare. Invece fuori dall’acqua ci sono più ostacoli, devo stare più attenta a dove vado, mentre in acqua riesco un pochino a essere più libera.

L’avventura agonistica. La mia avventura agonistica è cominciata nel 2003 quando avevo undici anni e ho cominciato con la Società Asd Tricolore, per cui nuoto ancora oggi, quindi è ormai la mia società da tantissimo tempo. Ho fatto i primi campionati italiani nel 2004, sono andati direi per le mie aspettative molto molto bene: all’epoca avevo vinto la mia prima medaglia a livello italiano e il mio allenatore all’epoca, che era Ettore Pacini, mi disse: «Io nel 2008 ti porto a Pechino». Io sinceramente non l’avevo preso sul serio in quel momento, ho detto: «Sì, ho vinto una gara italiana, non è che adesso ci allarghiamo e andiamo a Pechino». Evidentemente lui aveva notato qualcosa che io non avevo ancora capito e da lì è cominciato tutto il mio percorso, che nel 2007 mi ha portato a fare la prima gara internazionale con la Nazionale italiana, e sono andata a fare i mondiali in Brasile. Nel 2008 i primi Giochi paralimpici sono stati un’avventura, sono stati un regalo quasi inaspettato, perché mi sono qualificata quasi all’ultimo – diciamo – e poi da lì non mi sono più fermata fino a oggi.

Organizzazione e disciplina. Dell’agonismo mi piace soprattutto lo stile di vita dell’agonista. Indubbiamente si fa molta fatica e questa è una cosa che tutti gli agonisti di qualsiasi sport sanno, ed è un po’ l’effetto collaterale. Però l’agonismo mi ha dato molto dal punto di vista anche organizzativo, perché nuotare due ore e mezza al giorno, anche studiando, facendo la vita di una persona che appunto oltre lo sport si dedica anche allo studio, mi ha dato quella capacità di sapermi organizzare e soprattutto mi ha insegnato a non mollare mai. […] Quindi mi ha aiutato ad assumermi le mie responsabilità, mi insegna a spingermi oltre il limite ogni giorno.

Prima delle gare. Prima di una gara ci sono tantissime emozioni diverse: ansia, quella sicuramente, però anche la curiosità di sapere come andrà a finire, perché si sono fatti tanti mesi di allenamento, e allora […] si ha voglia proprio di confrontarsi, sia con gli avversari ma soprattutto con sé stessi, perché la gara è fatta da tante persone, da tanti avversari che si confrontano, ma soprattutto c’è anche una parte molto interessante che è una gara un po’ con sé stessi, quella è una delle parti secondo me più importanti e da gestire meglio.

L’energia arriva dal pubblico. Molti mi dicono: «Ma non senti il peso di queste persone che fanno il tifo?». No, anzi mi danno una carica estrema, perché prima delle gare ovviamente ci sono tanti momenti in cui magari uno dice: «Oh mio Dio, adesso non ce l’ha faccio, scappo via e pazienza, mi ritiro». Però, pensando alle persone che mi hanno sempre sostenuto e che sono lì a fare il tifo per me, mi concentro e dico: «Ok, adesso ci divertiamo tutti insieme». Loro mi guardano da fuori e io la vivo in diretta e penso a tutte queste persone che magari o mi seguono da casa oppure sono arrivate addirittura in loco, che potrebbe essere vicino a casa, ma potrebbe essere anche lontano, come ad esempio un’Olimpiade.

Pechino 2008. Della Paralimpiade di Pechino mi porto a casa tantissime emozioni, perché era naturalmente la mia prima esperienza di questo tipo. Avevo 16 anni e per me, insomma, è stato un momento che mi ha fatto capire che avrei voluto farne ancora di Olimpiadi, ecco. […] Poi ecco gli argenti: che dire? Da una parte sono state due medaglie che ricordo ancora come se le avessi vinte ieri, dall’altra parte mi hanno dato quel desiderio che diventassero ori quattro anni dopo, quindi è stato un po’ un portarsi a casa la spinta per continuare.

Il sapore dell’oro olimpico. Gli ori olimpici hanno un altro sapore. Naturalmente l’oro olimpico che ho vinto a Londra nei 100 stile, che è stato il primo, la prima gara che ho fatto, il primo oro che è arrivato, insieme a quello dei 50 il giorno dopo sono state e sono le medaglie che ho impresse nella mia mente più di tutte. Ovviamente ogni medaglia ha una sua storia e quindi è importante, però diciamo che l’oro olimpico ha qualcosa in più.

La preparazione in vista di Londra 2012. La storia degli ori olimpici parte da molto lontano, perché in quei 30 secondi di gara si sono riassunti quattro anni di allenamento e 20 anni di vita, perché ho cominciato appunto a sperare di poter arrivare a far bene a Londra, quando sono tornata a casa da Pechino. Quindi sono stati i quattro anni di preparazione più intensi e più lunghi della mia carriera sportiva. Li abbiamo desiderati senza quasi augurarceli, perché sono medaglie, non si può arrivare a un’Olimpiade sperando di vincere un oro e dire: «Io vado per vincere l’oro». No, si va per dare il meglio di sé stessi ovviamente. La preparazione è stata indubbiamente ottima e il momento è stato favorevole, perché è andato tutto veramente bene, oltre ogni aspettativa.

Una ricompensa per tanti sforzi. Io in genere non mi commuovo neanche davanti ai film, però in quel momento è stato più forte di me. Se ci penso ancora oggi mi vengono i brividi lungo la schiena, perché dico: «Mamma mia». Sentire l’Inno d’Italia in uno stadio olimpico, anche persone di diverse nazionalità che battono le mani a tempo sull’Inno italiano è un momento che ha ripagato di tutti quanti quegli anni di fatica, ma anche insomma di lotta contro quella che poteva essere la difficoltà quotidiana di trovare spazi acqua, di far capire alle persone che anche i non vedenti possono fare sport come le altre persone.

Mi sento di essere quella che porta un messaggio di sprone alle persone che in questo momento si sentono un po’ in difficoltà, perché vivere una disabilità non è semplice soprattutto quando ti ostacola in molte di quelle che sono le azioni della vita quotidiana

Un esempio, non un simbolo. Più che un simbolo, perché la cosa mi agita un po’, io mi sento un esempio, ma non io come persona in particolare, Cecilia Camellini che vince le medaglie olimpiche, ok: io mi sento di essere quella che per ora porta un messaggio di sprone alle persone che in questo momento si sentono un po’ in difficoltà, perché vivere una disabilità non è semplice, soprattutto quando ti ostacola in tutte quelle che sono, in molte di quelle che sono le azioni della vita quotidiana, perché essere non vedenti non è una passeggiata, però ovviamente ci si abitua anche a questo. E quindi sì, mi piace pensare che tramite lo sport, tramite quello che faccio, mi piace pensare di poter mandare questo messaggio, cioè che ce la si può fare nonostante tutto.

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Camellini
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Cecilia Camellini

Il medagliere

  • 2012 Paralimpiadi di Londra Nuoto - 100 m Stile libero S11 femminile
  • 2012 Paralimpiadi di Londra Nuoto - 50 m Stile libero S11 femminile
  • 2008 Paralimpiadi di Pechino Nuoto - 100 m stile libero femminile S11
  • 2008 Paralimpiadi di Pechino Nuoto - 50 m Stile libero S11
  • 2012 Paralimpiadi di Londra Nuoto - 100 m dorso S11 femminile
  • 2012 Paralimpiadi di Londra Nuoto - 400 m Stile libero S11 femminile